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Chi ha mai pregato il signor Professor Luigi Piccioni, del R. Liceo Alfieri di Torino, di occuparsi di Giuseppe Baretti? Chi ha dato mai il diritto a codesto prudente e pedante omiciattolo di mettersi attorno a uno spirito libero, ubriaco di spirito e strafottente, qual'era il frustatore più nerboruto del settecento?
M'è venuto in mente questo trovandomi fra le mani un libraccio coperto di verde, stampato in una inelegantissima collezione scolastica di G. B. Paravia, che contiene le Prose di Giuseppe Baretti, scelte e annotate dal prefato Luigi Piccioni. Sapevo che costui aveva già scritto due o tre volumi sopra l'eroico canzonator torinese e son pronto a giurare, senza averli mai visti, che son molto utili per chi volesse sapere per filo e per segno cosa è successo al Baretti e a tutti i fratelli, amici, conoscenti e nemici suoi. Ma non avrei mai immaginato che l'animella di questo nuovo bue pedagogo fosse così lontana e differente da quella dell'infelice grand'uomo che ha preso a studiare. Io ho letto tutto questo volume di prose barettiane, con grandissimo gusto la parte alta delle pagine e con dispetto la bassa dove il diligentissimo e saccente Piccioni ha scodellato tutta la sua erudizione settecentesca e tutta la sua saggezza di buon padre di famiglia. Basta che il Baretti nomini di sfuggita un uomo o un libro che subito si trova giù sotto una nota piena di date e di titoli da non finir più; e soltanto quando si tratta di cose un po' più difficili il diligente professore se la cava con qualche estratto di enciclopedia o di vocabolario.
Ma il bello si è che l'impudentissimo Piccioni vuol correggere spesso spesso la lingua e la sintassi del suo maestro ed autore: e non solo la lingua e la sintassi, ma le idee. Quando al Baretti ne scappa detta una un po' grossa o gli vien fatto di esprimere, col suo simpatico cinismo, qualche bel paradosso, ecco l'allobrogo castigamatti colla sua noticina-paracarri che avverte i suoi ragazzi all'incirca a questo modo: «Badate bene Il Baretti era un grand'uomo ma diceva spesso delle coglionerie. Qui dice bianco ma voi farete meglio a intender nero e son sicuro che se tornasse al mondo oggi, col giudizio che posso aver io, la penserebbe come me».
Come mi piacerebbe che qualche giorno il Baretti — il vero e bastonante e accoltellante Baretti — dopo aver ricevuto dal suo biografo qualche marchiana villania, se n'uscisse dal sepolcro a sbatacchiare i suoi propri libri sul muso di codesto suo malaugurato correttore e annotatore! Così imparerebbe, il signor Piccioni, a non impacciarsi con quelli che posseggono tutto quello che gli manca: ingegno, coraggio e senso del ridicolo.
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